(A ogni parte in evidenza
corrisponde un post del blog)
Per definizione,
la pelle artificiale è un sostituto cutaneo biologicamente attivo. La ricerca
si è inizialmente improntata su una ricerca linguistica sui vari modi di chiamarla nel mondo, per poi successivamente
impostare una mappa concettuale per definire i concetti che le vengono più
comunemente associati.
Un primo articolo di giornale parla del suo uso combinato con sensori piezoelettrici per
replicare la sensibilità del suo corrispettivo naturale, costituito da
determinati elementi che vengono riprodotti fedelmente per rendere il
suo funzionamento il più possibile simile all’originale. I sostituti dermici
infatti, hanno largo uso in medicina poiché accelerano il processo di guarigione. La sua forma è del tutto simile a quella umana, ma priva di qualsivoglia
cicatrice o segno d’età, poiché riprodotta in laboratorio e quindi vergine. Viene
infatti anche impiegata nel ringiovanimento,
in quanto la pelle è visivamente la parte del corpo più soggetta all’invecchiamento.
La principale funzione della pelle artificiale è (in campo medico) quella di supplire
alla mancanza di tessuto epiteliale a causa ulcere, ustioni, rimozione di
tumori etc., ma la ritroviamo ampiamente anche nella robotica, campo sempre più interessato a creare delle macchine il
più possibile simili agli esseri umani. Alcuni ricercatori hanno infatti creato
una pelle estremamente allungabile e conla capacità di illuminarsi per rivestire androidi in grado di mostrare
temperatura e pulsazioni di un paziente. Un androide tutto italiano viene dall’IIT
di Genova e si chiama iCub, ed è un
robot bambino che, oltre a possedere le facoltà di sentire, parlare e vedere, è
anche dotato di una pelle costituita da 5 mila sensori di pressione che gli
permettono di percepire anche temperatura e rugosità degli oggetti, stando ad
alcuni esami preliminari. Nell’Università di Stanford, un team guidato da Zhenan
Bao ha addirittura creato una pelleartificiale in grado di mandare dei segnali di pressione al cervello.
Per quanto riguarda la pelle artificiale nella cultura, la ritroviamo
in una poesia di Sachin Ketkar, che
la definisce come i vestiti a cui ricorriamo quando ‘siamo a corto’ della
nostra pelle originaria. Un libro del dottor Robert Norman, primario di dermatologia, ce la narra attraverso gli occhi
dei suoi pazienti che la abitano. Etinne Lommen invece preferisce raccontarcela attraverso un saggio medico sui
vantaggi che possono derivarne. Tatooartist Magazine ha invece creato un libro per tatuatori in erba che preferiscono
non danneggiare la pelle di malcapitati amici o volontari, con le pagine in
pelle artificiale che forniscono un valido eserciziario. Nell’ambito musicale, i
London Elektricity le hanno dedicato
una canzone di genere Drum and Bass, mentre in quello cinematografico, Ex Machina racconta quanto può essere
decisiva nel rendere un androide in tutto e per tutto simile ad un umano. Gli
androidi sono i protagonisti prediletti nei manga e nei fumetti, come testimoniano una serie di opere dai toni
Cyberpunk. Anche nei reality show ha
la sua rilevanza: in Face Off i partecipanti si sfidano in gare di trucco
cinematografico e utilizzano surrogati di pelle.
La ricerca si sposta successivamente su un’analisi di costi, dimensioni e tempistiche nella
realizzazione di tessuti epiteliali in laboratorio, e in un’analisi statistica sui risultati
portati dal loro utilizzo nella cura delle ustioni fino al 70% del corpo, che
rivela il successo ottenuto nell’abbattimento dei tassi di mortalità. Nel campo
della robotica, alcuni grafici
mostrano il funzionamento e la risposta dei sensori piezoelettrici nell’interfaccia
tra umano e macchina, mentre altri rivelano
le difficoltà meccaniche in fase di applicazione e le risposte neuronali ottenute.
Per quanto riguarda le specifiche,
una scheda prodotto e un video di Integra ne specifica le condizioni d’uso in
campo medico, oltre a diverse altre informazioni al riguardo. Il controllo qualità
si muove anche nel limitare i test sugli animali, attraverso la Tomografia a Coerenza Ottica.
Nella simbologia
la pelle artificiale non ha una valida rappresentazione nell’immaginario comune,
se non attraverso l’uso della mano (simbolo per eccellenza del tatto)
attraversata da circuiti.
Il rischio in cui
si può incappare innestando della cute sintetica è quello dell’insorgenza di infezioni
e rigetto da parte del sistema immunitario. A ciò si può ovviare ricorrendo a delle alternative come l’utilizzo
di pelle bioingegnerizzata, terapia a pressione negativa e la pistola e cellule
epiteliali. Nonostante tutto, la pelle artificiale ha il vantaggio di semplificare notevolmente la cura della ferita
rispetto agli allotrapianti.
Le nuove tecnologie stanno facendo passi da gigante. Partendo
dall’utilizzo di materie prime come rifiuti
medici (prepuzi dei neonati circoncisi) si posso ricavare enormi fogli di
tessuto epiteliale. In Corea del Sud hanno creato una pelle elettronica in grado di percepire suoni, pressione e
temperatura meglio di un dispositivo touch screen, così come nell’Università di Stanford. In Giappone, Takashi Tsuji è riuscito a realizzare,
partendo dalla gengiva di un topo, una pelle provvista di follicoli piliferi e
ghiandole sudoripare. Il grafene viene utilizzato nella produzione di sensori di pressione, e il calo dei costi ne incita lo sviluppo. In Cina, si sta già pensando a un modo di stamparla 3D, attraverso la tecnica del
bioprinting. Chissà a cosa si
arriverà nei prossimi anni.
Le industrie produttrici offrono una vasta gamma di prodotti farmaceutici. La prima mai realizzata, porta
il marchio di Integra®, ma sicuramente Dermagraft® è tra le più utilizzate,
fornendo addirittura online un video perla sua preparazione.
Nel linguaggio straniero la parola pelle assume dei significati più ampi: la parola ‘pelle’ e la parola ‘cuoio’ nella lingua inglese e spagnola abbracciano molti più concetti rispetto all’italiano, che presenta molte più parole per descrivere la pelle nello specifico (pelle, cuoio, cute, pelliccia) come mostrato in tabella.
Da uno studio sui luoghi in cui emergono il maggior numero
di scoperte e creazioni di nuovi tipi di pelle, di sicuro spiccano le università e gli istituti di ricerca. Ripercorrendo la storia della pelle artificiale, emergono una serie di nomi
autorevoli soprattutto nell’Italia dei secoli passati. Personaggi di punta sono
il dottor John F. Burke e il dottor IoannisV. Yannas, i creatori della prima pelle artificiale (Integra).
La pelle sintetica vieneutilizzata da gravi ustionati, chi presenta ferite molto estese o ulcere
che non guariscono mai, chi ha subito asportazioni arti o carcinomi o chi,
semplicemente, desidera semplicemente vestire una nuova pelle, che dia un
aspetto più giovane e fresco. Chi, insomma, ha il bisogno più o meno estremo di
cambiare pelle, perché quella posseduta non è più in grado di soddisfare le
loro esigenze. Una mappatura dei clientidi Integra rivela che la stragrande maggioranza di loro risiede in America,
con qualcuno in Alaska e nelle isole Hawaii.
La ricerca ha portato allo sviluppo di nuovi modelli di pelle artificiale che simulano il comportamento
della pelle umana in tutto e per tutto. A Napoline è stato ricreato uno per avere la possibilità di testare meglio
cosmetici e farmaci, anche per ridurre i test sugli animali a seguito della nuova
legge. Esiste anche un modello di pelle elettronica indossabile creato per monitorare la propria salute, sviluppato
in Giappone.
Per quanto riguarda i brevetti, quello della pelle elettronica risale al 2013, che
la fornisce anche di touch screen e sensori di pressione. Quello della pelle artificiale dotata di uno strato
elastomerico invece, è del 1987. Ce ne sono di numerosi registrati, molti dei quali utili per l’ingegneria
biomedica e tissutale. A Genova ne è stata brevettata una low-cost dotata anche
di sensori di pressione.
La mostra HIDE racchiude in sé tutte le
metafore associate alla pelle, al senso di protezione, di identità. I Nativi Americani
le davano un significato quasi magico, multi-sfaccettato, complesso. Tutto
questo viene raccontato attraverso una serie di opere tattili e visive, esponendo
quello che avviene sotto la sua superficie.
Alla fine della ricerca effettuata vi è un abbecedario
riassuntivo, e in più illustrato, un sunto che descrive tutto il percorso
effettuato per colmare la mancanza della pelle negli esseri umani e nelle
macchine, importantissima nel relazionarsi al mondo. Senza di essa siamo
fragili e scoperti, è il nostro vestito che ci protegge, che nasconde le nostre
debolezze. È anche un’importante strumento di caratterizzazione, il colore ci
colloca in un’area geografica, indica il nostro stato di benessere o di malessere,
i segni su di essa raccontano la nostra storia, i tatuaggi che decidiamo di
incidervi rivelano la nostra personalità. Ma soprattutto, è un grandissimo
strumento di comunicazione verso l’esterno. Per molti di noi, il primo più bel
contatto con il mondo è stato l’abbraccio di nostra madre, ed è grazie alla
nostra pelle che ne abbiamo percepito il calore e la morbidezza.
Nessun commento:
Posta un commento