Per le genti Native, la pelle abbraccia un intero universo
di significati. Le funzioni della nostra pelle come una tela su cui possiamo
scrivere un messaggio sulla nostra identità, o usarla come uno scudo per
proteggerci e nascondere i nostri segreti. Come materiale, la pelle animale o
il cuoio hanno avuto una lunga storia nella cultura Nativa. È il ricordo simbolico
della storica falsa dichiarazione sullo sfruttamento e la politica razziale.
Gli artisti selezionati per HIDE attingono da queste strade multi-sfaccettate
usando sia i materiali e il concetto di pelle come metafora del problema
diffuso che circonda l’identità, la perseveranza e il trauma personale, storico
e ambientale. Nei loro lavori interrompono la nostra comprensione della razza,
distorcono la nostra percezione di “pelle” e infrangono i paletti artificiali
creati da questo potente tema. Piuttosto che nascondere le difficoltà,
espongono cosa c’è dietro la superficie.
Sonya Kelliher-Combs, Nadia Myre e Michael Belmore presentano
sculture e un insieme di lavori che esplorano la pelle come superficie – rivelatrice,
coprente, definita. I lavori di questi artisti risvegliano i sensi, attirando
il pubblico in un’esperienza tattile della materialità dei loro lavori così
come fanno pensare alla complessa idea che emerge da quest’arte irresistibile.
I fotografi invitano a partecipare all’esibizione – Arthus Renwick, KC Adams,
Terrance Houle, Rosalie Favell e Sarah Sense – hanno creato una collezione di
ritratti che giocano e cambiano le nostre nozioni.
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